Cronaca

Consigliere comunale sotto processo per 'voto di scambio'

La Procura di Cassino ha chiesto il giudizio immediato a carico dell'esponente del Pd in forza al comune di Cassino. Alla sbarra anche quattro cittadini a cui era stato promesso un lavoro in cambio delle preferenze

Il consigliere comunale di maggioranza al comune di Cassino, Tommaso Marrocco, è finito sotto processo per 'voto di scambio'. La Procura di piazza Labriola, a conclusione di una lunga e delicata indagine portata avanti dalla Polizia di Stato, ha disposto il giudizio immediato a carico dell'esponente del Pd e di altre quattro persone coinvolte nella vicenda.

L'udienza dinanzi al giudice Pio Cerase è stata fissata per il 14 febbraio del 2023. La formula del giudizio immediato consente agli inquirenti di arrivare direttamente al dibattimento, evitando l'udienza preliminare, proprio perchè le prove raccolte sono schiaccianti ed inconfutabili. L'inchiesta ha preso il via dopo il reportage realizzato dal videomaker Giorgio Pistoia che nel suo programma 'Tanfuk' racconta quanto sarebbe avvenuto nel corso della campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale di Cassino, tra aprile e maggio del 2019.  

In sintesi, come accertato dalle verifiche e dai riscontri investigativi, l'attuale consigliere comunale di maggioranza Tommaso Marrocco e quattro persone, due donne e due uomini, avrebbe promesso l'assunzione in cambio di voti. Un impegno che non è stato rispettato facendo infuriare chi sperava in uno stipendio fisso. 

La Procura della Repubblica di Cassino, nelle persone dei magistrati Roberto Bulgarini Nomi ed Emanuele De Franco, a seguito del reportage, acquisito dalla Polizia, aveva avviato un'indagine proprio per verificare quanto denunciato da una donna - candidata al consiglio comunale ma non eletta - che si era sentita presa in giro e che a sua volta era finita guai: per confermare l'avvenuto voto, infatti, aveva scattato all'interno della cabina elettorale, una fotografia alla scheda. E questo è un reato punito per Legge. I cinque indagati sono difesi dagli avvocati Gianrico Ranaldi e Francesco Malafronte. 


 


Si parla di